La pulce d’acqua… Sonorità che ammiccano a tradizioni musicali irlandesi narrando di una spiritualità dei nativi d’America. Angelo Branduardi: un Maestro trasversale e multiculturale eppure… proprio italiano.
Angelo si muove con maestria ed eleganze, mai stucchevole e mai sterilmente retorico, e vola sulle contaminazioni come il suo nome: nomen est omen! La musicalità del brano entra come imperativo in chi ascolta, imperativo alla danza, al coinvolgimento globale del corpo e dell’animo in un travolgente stimolo alla vitalità.
La pulce d’acqua
Un’antica leggenda degli Indiani d’America, i nativi di quegli spazi immensamente vergini, raccontava che un insetto, una pulce d’acqua, minuscolo e sfuggevole, fosse capace di rubare l’ombra a chi avesse spezzato le regole di armonia dettate dalla Natura. La punizione per tale peccato, irrogata da una così umile creatura, era ritrovarsi spossessati, per contrappasso, della propria ombra, perché l’ombra era la parte del fisico umano, del corpo, più sfuggevole: una proiezione che raccontava del corpo medesimo dentro la Natura, una elemento promanato dal fisico ma intangibile, come lo spirito vitale.
Privato dell’ombra, il destino del peccatore, tale anche solo per imprudenza o superficialità, era segnato: perdere sé, perdere la propria vitalità a causa della malattia punitiva, a meno di… espiare la propria colpa, ripristinando l’armonia, cantando, a lungo, e la pulce d’acqua, sfuggevole tanto quanto vigile, riterrà espiata la colpa e perdonato il peccato, rendendo l’ombra al suo fisico.
Perentorio e straordinariamente didascalico è il tono di “…e ora tu sei malato”, dove l’ora è un allora, nesso eziologico di colpa, e il tu l’imputazione non mediata e non attenuata della colpa.
Procurare la morte per schiacciamento è l’emblema della pretesa superiorità dell’uomo che sopprime l’altro per sola potenza rude, per pressione, e in questo simbolo vi è tutta la tracotanza dell’uomo stesso, convinto di essere il dominatore fisico dell’universo come in realtà non è.
La sua vera forza, infatti, il vero simbolo della vitalità anche dell’uomo è non nel suo peso fisico ma in quella sua ombra intangibile di cui non si accorge nemmeno dell’importanza finché non la perde e di come sia la vera proiezione di sé grazie alla luce dell’altro da sé. Una intangibilità piena e vivificante ma spossessabile, confiscabile. Ciò che si toglie per peso e gravità si recupera per melodia e, di nuovo, intangibilità del canto.
Una visione dinamica della vita, di equilibri dinamici, cromatici, che la musica del brano rende e restituisce in tutta la sua portata semantica: così tanto in una sintesi elegantemente leggera.
E allora… a lungo… a lungo cantare per farsi perdonare!
L’arte che riporta l’uomo in equilibrio dai suoi viaggi e azioni da “deliri di onnipotenza”, il canto come formula magica ancestrale che allontana la malattia e la morte.
Il legame con Ballo in Fa diesis minore è forte ed evidente, oltre che tangibile nella pubblicazione dei lavori di Angelo: la sua visione del mondo è una visione olistica costante nel tempo, già forte in origine, intrisa fino al profondo di carica spirituale. Ma nel Ballo in Fa diesis minore il peccato dell’uomo è nella sua immanenza fisica, non è che la sua caducità fisica e la soluzione è l’astuzia espiatrice e salvifica dell’uomo: far ballare la “Morte che porta corona“, di tutti noi signora e padrona, che si presenta forte del suo strapotere ed arrogante nella sua retorica (parleremo di Ballo in Fa diesis minore in altro post).
Ogni personaggio della canzone La pulce d’acqua, di nuovo una storia di interazione per nesso come nell'altro grande successo Alla Fiera del’Est, ha una sua aggettivazione ben precisa : la pulce è d’acqua, la mosca è d’autunno, la serpe è verde. Tutto è caratterizzato per avere una individualità ben netta ma aperta, che lega ad altro, un tratto che si allarga in un gioco di colori o di stagioni o di luoghi. Un senso di comunione come di appartenenza, in un ordine fatto di sfumature leganti confini precisi.
In questo concerto, Angelo scatena il suo violino, far salire le note al cielo, porta le melodie a spingere chi ne è avvolto a danzare; è una leggerezza feconda che rifonde la vitalità a chi ha perso, nel quotidiano di oggi come di ieri, di qua nel mondo come di là nel mondo, la propria ombra.
Straordinario, Angelo, straordinario!
I diritti su musiche e testo, sulla canzone nel suo complesso e sul video, presenti in questa pagina sono di esclusiva proprietà dell’Autore/degli Autori e la divulgazione da parte nostra è solo per promozione culturale e studio. (Said.In)
La pulce d’acqua
Un’antica leggenda degli Indiani d’America, i nativi di quegli spazi immensamente vergini, raccontava che un insetto, una pulce d’acqua, minuscolo e sfuggevole, fosse capace di rubare l’ombra a chi avesse spezzato le regole di armonia dettate dalla Natura. La punizione per tale peccato, irrogata da una così umile creatura, era ritrovarsi spossessati, per contrappasso, della propria ombra, perché l’ombra era la parte del fisico umano, del corpo, più sfuggevole: una proiezione che raccontava del corpo medesimo dentro la Natura, una elemento promanato dal fisico ma intangibile, come lo spirito vitale.
Privato dell’ombra, il destino del peccatore, tale anche solo per imprudenza o superficialità, era segnato: perdere sé, perdere la propria vitalità a causa della malattia punitiva, a meno di… espiare la propria colpa, ripristinando l’armonia, cantando, a lungo, e la pulce d’acqua, sfuggevole tanto quanto vigile, riterrà espiata la colpa e perdonato il peccato, rendendo l’ombra al suo fisico.
Perentorio e straordinariamente didascalico è il tono di “…e ora tu sei malato”, dove l’ora è un allora, nesso eziologico di colpa, e il tu l’imputazione non mediata e non attenuata della colpa.
Procurare la morte per schiacciamento è l’emblema della pretesa superiorità dell’uomo che sopprime l’altro per sola potenza rude, per pressione, e in questo simbolo vi è tutta la tracotanza dell’uomo stesso, convinto di essere il dominatore fisico dell’universo come in realtà non è.
La sua vera forza, infatti, il vero simbolo della vitalità anche dell’uomo è non nel suo peso fisico ma in quella sua ombra intangibile di cui non si accorge nemmeno dell’importanza finché non la perde e di come sia la vera proiezione di sé grazie alla luce dell’altro da sé. Una intangibilità piena e vivificante ma spossessabile, confiscabile. Ciò che si toglie per peso e gravità si recupera per melodia e, di nuovo, intangibilità del canto.
Una visione dinamica della vita, di equilibri dinamici, cromatici, che la musica del brano rende e restituisce in tutta la sua portata semantica: così tanto in una sintesi elegantemente leggera.
E allora… a lungo… a lungo cantare per farsi perdonare!
L’arte che riporta l’uomo in equilibrio dai suoi viaggi e azioni da “deliri di onnipotenza”, il canto come formula magica ancestrale che allontana la malattia e la morte.
Il legame con Ballo in Fa diesis minore è forte ed evidente, oltre che tangibile nella pubblicazione dei lavori di Angelo: la sua visione del mondo è una visione olistica costante nel tempo, già forte in origine, intrisa fino al profondo di carica spirituale. Ma nel Ballo in Fa diesis minore il peccato dell’uomo è nella sua immanenza fisica, non è che la sua caducità fisica e la soluzione è l’astuzia espiatrice e salvifica dell’uomo: far ballare la “Morte che porta corona“, di tutti noi signora e padrona, che si presenta forte del suo strapotere ed arrogante nella sua retorica (parleremo di Ballo in Fa diesis minore in altro post).
Ogni personaggio della canzone La pulce d’acqua, di nuovo una storia di interazione per nesso come nell'altro grande successo Alla Fiera del’Est, ha una sua aggettivazione ben precisa : la pulce è d’acqua, la mosca è d’autunno, la serpe è verde. Tutto è caratterizzato per avere una individualità ben netta ma aperta, che lega ad altro, un tratto che si allarga in un gioco di colori o di stagioni o di luoghi. Un senso di comunione come di appartenenza, in un ordine fatto di sfumature leganti confini precisi.
In questo concerto, Angelo scatena il suo violino, far salire le note al cielo, porta le melodie a spingere chi ne è avvolto a danzare; è una leggerezza feconda che rifonde la vitalità a chi ha perso, nel quotidiano di oggi come di ieri, di qua nel mondo come di là nel mondo, la propria ombra.
Straordinario, Angelo, straordinario!
I diritti su musiche e testo, sulla canzone nel suo complesso e sul video, presenti in questa pagina sono di esclusiva proprietà dell’Autore/degli Autori e la divulgazione da parte nostra è solo per promozione culturale e studio. (Said.In)
Songs
1 - Ballo in fa diesis minore (7:03)
2 - Il ciliegio (4:10)
3 - Nascita di un lago (4:05)
4 - Il poeta di corte (3:47)
5 - Il Marinaio (4:08)
6 - La pulce d'acqua (4:47)
7 - La sposa rubata (3:58)
8 - La Lepre nella Luna (4:59)
9 - La bella Dama senza pietà (6:39)
Line-up / Musicians
Angelo Branduardi: Violin, Guitar, Pan-pipes
Gigi Cappellotto: Electric Bass
Bruno De Filippi: Sitar, Armonica, Ocarina
Massimiliano Di Carlo: Cetra
Franco Di Sabatino: Keyboards
Maurizio Fabrizio: Piano, Guitar, Guitar Ottavino
Roberto Puleo: Buzuki, Slide Guitar
Andy Surdi: Drums, Percussions
Guest: Luigi Lai to the launeddas
La prima edizione di questo disco era accompagnata da nove tavole disegnate da Mario Convertino, in cui l'artista interpretava, con i suoi disegni, le canzoni del disco; la tavola de La pulce d'acqua, è diventata la copertina della prima stampa in CD dell'LP. Ciascuna tavola si riferisce a un brano dell'album; la tavola relativa a Il Marinaio è un omaggio a Maxfield Parrish.
'Ballo in Fa diesis minore'. Canzone che riprende il film il settimo sigillo in cui l'uomo sfida la morte. La melodia si rifà alla celebre Schiarazula Marazula, melodia friulana di origine medievale che accompagnava riti esorcistici, raccolta da Giorgio Mainerio nell'opera "Il Primo Libro de Canti" (1578). Il testo invece è tratto dall'iscrizione che circonda la Danza Macabra di Clusone, in provincia di Bergamo e la Danza Macabra dipinta sulla Chiesa di San Vigilio a Pinzolo, in provincia di Trento:
« Io sont la morte che porto corona
Sonte Signora de ognia persona
At cossi son fiera forte et dura
Che trapaso le porte et ultra le mura »
'Il ciliegio'. È l'adattamento in italiano dalla tradizionale canzone inglese The Cherry Tree Carol (la 54^ delle celebri Child Ballads) già ripreso anche da altri artisti e gruppi quali Joan Baez, Judy Collins, Shirley Collins, Peter, Paul and Mary, Pentangle, Duo Greenoch, Josè Feliciano, Emmylou Harris, Chad Mitchell.
'Nascita di un lago'. Brano ispirato alla storia d'amore tra Merlino e Viviana
'Il marinaio'. Il brano è ispirato alla vicenda di Ulisse intento a ritornare a casa dall'amata Penelope.
'La pulce d'acqua'. È la canzone più famosa del disco. Il testo si ispira ai miti degli Indiani d'America, "Pulce d'Acqua" è infatti il nome di uno sciamano. Nella versione inglese del disco diventa un canto natalizio.
'La sposa rubata'. Questo brano riprende un antico canto bretone dal titolo Ar plac'h dimezet gant Satan ("La fidanzata di Satana"), parte della raccolta Barzhaz Breizh a cui Branduardi si è ispirato più volte.
'La lepre nella luna'. Si riferisce ad una delle tante versioni della leggenda buddista del coniglio lunare (o Sasajataka), molto popolare in Estremo Oriente.
'La bella dama senza pietà'. Rimanda ad una poesia di John Keats, a sua volta ispirata ad un componimento di Alain Chartier; la parte finale della melodia di ogni strofa riprende il brano tradizionale inglese Once I had a sweetheart, inciso in seguito dallo stesso autore nell'album Futuro Antico I.
'La pulce d'acqua'. È la canzone più famosa del disco. Il testo si ispira ai miti degli Indiani d'America, "Pulce d'Acqua" è infatti il nome di uno sciamano. Nella versione inglese del disco diventa un canto natalizio.
'La sposa rubata'. Questo brano riprende un antico canto bretone dal titolo Ar plac'h dimezet gant Satan ("La fidanzata di Satana"), parte della raccolta Barzhaz Breizh a cui Branduardi si è ispirato più volte.
'La lepre nella luna'. Si riferisce ad una delle tante versioni della leggenda buddista del coniglio lunare (o Sasajataka), molto popolare in Estremo Oriente.
'La bella dama senza pietà'. Rimanda ad una poesia di John Keats, a sua volta ispirata ad un componimento di Alain Chartier; la parte finale della melodia di ogni strofa riprende il brano tradizionale inglese Once I had a sweetheart, inciso in seguito dallo stesso autore nell'album Futuro Antico I.
3 comments:
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