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Il risultato è un album complesso, con grande uso di strumenti a fiato e ad arco, di difficile ascolto per gli appassionati della musica progressiva più tradizionale.
Il gruppo è rimasto in attività solo nel periodo 1972-1973, scomparendo senza lasciare ulteriori tracce, mentre alcuni dei componenti, come Mosconi e Vismara, hanno continuato la loro ricerca musicale con performance nelle gallerie d'arte contemporanea.
L'attività live del gruppo è ben documentata dal CD del 2006 Paura. italianprog
Lato A
A1 Homage To Amilcar Cabral
A2 Chant
A3 Dabya
Lato B
B1 Energia
B2 Atlantide-Maya-Veda Rhyton
Musicians
Alto Saxophone, Bugle – Franco Pardi
Baritone Saxophone, Soprano Saxophone – Otto Davis Corrado
Contrabass – Mino Ceretti
Engineer – Franco Finetti
Harp, Tambura, Violin [Pocket] – Ines Klok
Other [Musical Assistant] – Roberto Rosati
Percussion, Violin [Oriental], Artwork [Inside] – Marco Cristofolini
Photography By [Back Cover] – Davide Mosconi
Photography By [Cover] – Mimmo Maccioni
Piano – David Mosconi
Producer – Gianni Grandis
Viola, Violin – Gustavo Bonora
Violoncello – Marino Vismara
Written-By – Cristofolini
N.a.d.m.a. : Uno zingaro di atlante... (1973)
by classikrock.blogspot.it
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Ci sono però delle sostanziali differenze che separano il doppio album dei Maestri dal lavoro dell'ottetto di Milano: sono entrambi album di transizione certo, ma ognuno a modo proprio.
Quello dei Floyd è un lavoro sperimentale che celebra il mutamento tra una fase artistica ormai terminata (quella di Barrett) e un'altra non ancora messa a punto. In questo caso, lo sperimentalismo è da considerarsi "tecnico" e poggiato su base individuale.
Dobbiamo invece collocare l'unico lavoro dei NADMA, in una precisa fase pre-politica, tutta Italiana, di passaggio tra la fine del sogno "underground" e il nascere di una musica più partecipata e militante.
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In altre parole, si stanno allontanando i tempi in cui gli Aktuala (loro consimili) suonavano sui tappeti e offrivano il Tè agli spettatori invitandoli a suonare con loro: in "Uno Zingaro…" la barriera timbrica diventa talmente impenetrabile da simulare una vera e propria aggressione.
Suoni "urlati" quindi e atmosfere da caos tribale in chiave "etno" nel primo lunghissimo brano ("Homage to Amilcar Cabral").
Anche là dove si potrebbe riscontrare un po’ di melodia, essa viene traslata in una sorta di sofferente litania ("Chant", "Energia"), esattamente così come la tensione di certe appoggiature strumentali introduce "Dabya".
Pur non mancando i riferimenti (pur se pochi) al trascorso spirito freak-comunitario con qualche accenno di festa popolare araba ("Chant") o nella lunga improvvisazione "Atlantide", la maggior parte di "Uno Zingaro…" è violenza concreta in stile free jazz (non a caso il violinista Cristofolini aveva già suonato con Don Cherry).
Pur ben lungi dall'essere un album di rock progressivo il disco dei NADMA era per l'epoca un disco attualissimo, ponendosi con le sue angosce ed i suoi rituali quale spartiacque tra una stagione di utopie e una nuova stagione di lotta.
Commercialmente non ebbe successo, discograficamente fu certamente una vampata, ma merita comunque di essere ascoltato. se non altro per cognizione di causa, o per rituffarsi nudi in quello che fu uno straordinario periodo storico.
"I N.A.D.M.A. furono uno dei parti più indigesti dell’underground milanese di area freak, o se vogliamo una specie di versione hardcore dei concittadini Aktuala. Cose come Energia fanno passare le sfuriate free degli Area per delle allegre passeggiate bubblegum pop" Valerio Mattioli
N.A.D.M.A.
Uno zingaro di Atlante con un fiore a New York (1973)
Recensione su hamelinprog.com
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Tra le sue prime pubblicazioni del 1970 troviamo Sirio 2222 dei Balletto di Bronzo e l’album omonimo dei The Trip, poi si arriverà a Il Rovescio della Medaglia, ai Perigeo, all’unico album prog di Riccardo Cocciante (Mu) e altri ancora, sino a giungere al 1973, anno in cui l’RCA accetta una delle sfide più ardue della sua lunga carriera, se non la più ardua: Uno zingaro di Atlante con un fiore a New York dei N.A.D.M.A..
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L’improvvisazione e la sperimentazione sono alla base dell’unico lavoro in studio, ossia Uno zingaro di Atlante con un fiore a New York. È l’utilizzo estremo degli strumenti (fiati e archi su tutti) l’elemento di punta dell’opera, spesso una sorta di “chiasso infernale” che disorienta l’ascoltatore, ma abbiamo anche momenti “siprituali” come in Chant e atmosfere molto più dilatate come nel brano finale. Alcune sonorità di matrice etnica od orientale richiamano alla mente l’album Aktuala, dell’omonima band, uscito lo stesso anno, ma questi ultimi risultano, al confronto con i N.A.D.M.A., molto più lineari e meno sperimentatori. Di certo la musica dei nostri non può essere etichettata come world music.
È un album molto coraggioso, “non ortodosso”, di un’avanguardia estrema, in cui gli strumenti hanno una libertà di movimento infinita e riescono a raggiungere livelli poco esplorati sino ad allora. Come si può immaginare, però, il disco non ebbe molta fortuna e la band finì il suo cammino di lì a poco.
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I suoni sinusoidali irritanti creati dagli archi, che occupano i primi secondi di Chant, fanno da apripista al canto mantrico di Marino Vismara che occupa i restanti sessanta secondi del brano.
Dabya è un brano diviso in più parti. I primi tre minuti sono occupati da due improvvisazioni (forse quasi delle esercitazioni), realizzate dagli strumenti a corda e dagli archi. Ai tre minuti gli archi prendono corpo e, finalmente, si riesce a scorgere una melodia, degna di tale nome, dalle sonorità arabeggianti. Poco dopo il piano di Mosconi prende il sopravvento con l’unica esecuzione dell’album in cui si può notare un minimo di richiamo progressivo, disturbata però da un fitto “ronzio” di archi e fiati che, nel minuto finale, cercherà di sovrastare l’unico suono “normale”.
Sardi e Corrado si divertono un mondo a creare dissonanze con i fiati nell’avvio di Energia. Poi ha inizio un nuovo delirio sonoro dove tutti sono chiamati a raccolta. Soprattutto piano e percussioni sembrano impazziti, mentre fiati e archi camminano imperterriti. Pura violenza acustica. Dai lamenti che ascoltiamo pare quasi che gli strumenti tentino di fuggire dalle mani dei propri “aguzzini”.
Atlantide – Maya – Veda Rhyton. Avvio minimal con atmosfera etnica per il brano di chiusura, con un mix di suoni che richiamano la foresta, ma anche qualcosa di orientale. Col passare dei minuti i suoni si fanno più stridenti, il tutto spudoratamente sperimentale e, molto probabilmente, improvvisato. La tromba, che intorno agli otto minuti riesce ad emergere dalla “palude sonora”, dà un tocco di solennità al brano.
Formazione:
Marco Cristofolini: violino, percussioni
Davide Mosconi: piano
Gustavo Bonora: violino, percussioni
Marino Vismara: violoncello, voce
Otto Davis Corrado: sax
Giafranco Pardi: sax, tromba
Mino Ceretti: contrabbasso, voce
Ines Klok: arpa, percussioni, violino
Guest:
Toni Marcus: viola (nell’album Paura)
Discografia:
1973 – Uno zingaro di Atlante con un fiore a New York (RCA DPSL 10579)
2006 – Paura (Alga Marghen ALGA060CD)
Formazione:
Marco Cristofolini: violino, percussioni
Davide Mosconi: piano
Gustavo Bonora: violino, percussioni
Marino Vismara: violoncello, voce
Otto Davis Corrado: sax
Giafranco Pardi: sax, tromba
Mino Ceretti: contrabbasso, voce
Ines Klok: arpa, percussioni, violino
Guest:
Toni Marcus: viola (nell’album Paura)
Discografia:
1973 – Uno zingaro di Atlante con un fiore a New York (RCA DPSL 10579)
2006 – Paura (Alga Marghen ALGA060CD)
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