August 22, 2017

N.A.D.M.A. ‎– Uno Zingaro Di Atlante Con Un Fiore A New York (1973, LP, Italy)

Gruppo di otto elementi formato da elementi provenienti da studi musicali, alcuni dei quali con altre esperienze in campi diversi (Pardi e Vismara nell'arte contemporanea, Mosconi come fotografo), o con un rilevante background musicale (Cristofolini aveva suonato con Don Cherry), i N.A.D.M.A. (il significato del nome è Natural Arkestra de Maya Alta) di Milano tentarono di fondere le influenze musicali orientali con il jazz e la cultura occidentale, con uno stile non lontano da quello degli Aktuala.
Il risultato è un album complesso, con grande uso di strumenti a fiato e ad arco, di difficile ascolto per gli appassionati della musica progressiva più tradizionale.
Il gruppo è rimasto in attività solo nel periodo 1972-1973, scomparendo senza lasciare ulteriori tracce, mentre alcuni dei componenti, come Mosconi e Vismara, hanno continuato la loro ricerca musicale con performance nelle gallerie d'arte contemporanea.
L'attività live del gruppo è ben documentata dal CD del 2006 Paura. italianprog
Lato A
A1 Homage To Amilcar Cabral
A2 Chant
A3 Dabya
Lato B
B1 Energia
B2 Atlantide-Maya-Veda Rhyton
Musicians
Alto Saxophone, Bugle – Franco Pardi
Baritone Saxophone, Soprano Saxophone – Otto Davis Corrado
Contrabass – Mino Ceretti
Engineer – Franco Finetti
Harp, Tambura, Violin [Pocket] – Ines Klok
Other [Musical Assistant] – Roberto Rosati
Percussion, Violin [Oriental], Artwork [Inside] – Marco Cristofolini
Photography By [Back Cover] – Davide Mosconi
Photography By [Cover] – Mimmo Maccioni
Piano – David Mosconi
Producer – Gianni Grandis
Viola, Violin – Gustavo Bonora
Violoncello – Marino Vismara
Written-By – Cristofolini


N.a.d.m.a. : Uno zingaro di atlante... (1973)
by classikrock.blogspot.it
Ricordandomi il disco dei NADMA, il nostro amico Daniele evocava lo spirito rumoristico dei Pink Floyd di "Ummagumma".
Ci sono però delle sostanziali differenze che separano il doppio album dei Maestri dal lavoro dell'ottetto di Milano: sono entrambi album di transizione certo, ma ognuno a modo proprio.
Quello dei Floyd è un lavoro sperimentale che celebra il mutamento tra una fase artistica ormai terminata (quella di Barrett) e un'altra non ancora messa a punto. In questo caso, lo sperimentalismo è da considerarsi "tecnico" e poggiato su base individuale.
Dobbiamo invece collocare l'unico lavoro dei NADMA, in una precisa fase pre-politica, tutta Italiana, di passaggio tra la fine del sogno "underground" e il nascere di una musica più partecipata e militante.
In questo senso, occorre ricordare che all'interno dell'avanguardia Italiana, si era prodotta proprio nel 1973 una storica frattura tra il movimentismo di stampo comunitario diderivazione beat e quella parte di "controcultura democratica" che richiedeva invece un impegno artistico più aderente alla sfera politica e sociale.
Rispetto ai Floyd quindi, le follie cacofoniche dei NADMA sono da ritenersi sperimentalmente più di stampo avanguardistico che tecnico e soprattutto, basate su un terreno coscientemente collettivo.
Di fatto, a partire dallo stesso impossibile titolo ("Uno zingaro di Atlante con un fiore a New York") e dal nome del gruppo (oscuro acronimo di "Natural Arkestra De Maya Alta") , risultano si evidenti le derivazioni freak del gruppo, ma l'aggressività timbrica prodotta nel disco li pone già in un contesto più attuale e sbilanciato verso il futuro.
In altre parole, si stanno allontanando i tempi in cui gli Aktuala (loro consimili) suonavano sui tappeti e offrivano il Tè agli spettatori invitandoli a suonare con loro: in "Uno Zingaro…" la barriera timbrica diventa talmente impenetrabile da simulare una vera e propria aggressione.
Suoni "urlati" quindi e atmosfere da caos tribale in chiave "etno" nel primo lunghissimo brano ("Homage to Amilcar Cabral").
Anche là dove si potrebbe riscontrare un po’ di melodia, essa viene traslata in una sorta di sofferente litania ("Chant", "Energia"), esattamente così come la tensione di certe appoggiature strumentali introduce "Dabya".
Pur non mancando i riferimenti (pur se pochi) al trascorso spirito freak-comunitario con qualche accenno di festa popolare araba ("Chant") o nella lunga improvvisazione "Atlantide", la maggior parte di "Uno Zingaro…" è violenza concreta in stile free jazz (non a caso il violinista Cristofolini aveva già suonato con Don Cherry).
Pur ben lungi dall'essere un album di rock progressivo il disco dei NADMA era per l'epoca un disco attualissimo, ponendosi con le sue angosce ed i suoi rituali quale spartiacque tra una stagione di utopie e una nuova stagione di lotta.
Commercialmente non ebbe successo, discograficamente fu certamente una vampata, ma merita comunque di essere ascoltato. se non altro per cognizione di causa, o per rituffarsi nudi in quello che fu uno straordinario periodo storico.
"I N.A.D.M.A. furono uno dei parti più indigesti dell’underground milanese di area freak, o se vogliamo una specie di versione hardcore dei concittadini Aktuala. Cose come Energia fanno passare le sfuriate free degli Area per delle allegre passeggiate bubblegum pop" Valerio Mattioli
"A really non commercial jazz-rock band (like Aktuala). Bizarre avant-garde?" GEPR

N.A.D.M.A.
Uno zingaro di Atlante con un fiore a New York (1973)
Recensione su hamelinprog.com

Agli inizi degli anni ’70 una casa discografica come la RCA, una delle più importanti del panorama italico, dopo aver pubblicato per anni dischi di musica leggera (da Modugno a Morandi), decide di aprirsi alle nuove sonorità che stavano giungendo da oltremanica e dare credito a quegli artisti italiani che avevano intrapreso questa nuova strada, ancora buia.NA.D.M.A.
Tra le sue prime pubblicazioni del 1970 troviamo Sirio 2222 dei Balletto di Bronzo e l’album omonimo dei The Trip, poi si arriverà a Il Rovescio della Medaglia, ai Perigeo, all’unico album prog di Riccardo Cocciante (Mu) e altri ancora, sino a giungere al 1973, anno in cui l’RCA accetta una delle sfide più ardue della sua lunga carriera, se non la più ardua: Uno zingaro di Atlante con un fiore a New York dei N.A.D.M.A..

I N.A.D.M.A. affrontano un discorso che a 999 uditori su 1000 risulta incomprensibile. Già sul finire degli anni ’60 Davide Mosconi, Marco Cristofolini, Gustavo Bonora ed Enzo Gardenghi, col nome “Il Quartetto”, cominciano la propria ricerca musicale seguendo i percorsi meno battuti dalla musica a loro contemporanea, avente come minimo comune denominatore improvvisazione e creatività.

Iniziati i ’70 il progetto si amplia e la ricerca si estremizza. Nascono così i N.A.D.M.A. (acronimo di Natural Arkestra Da Maya Alta, il quale, però, abbrevia il vero nome che, come riportato all’interno del vinile, risulta molto più esteso: The Natural Arkestra Of Percussion And Jade Di Marco Cristofolini Da Maya Alta). L’unico a lasciare il progetto è Enzo Gardenghi, mentre a Marco Cristofolini (violino, percussioni), Davide Mosconi (piano) e Gustavo Bonora (violino, percussioni) si aggiungono Marino Vismara (violoncello, voce), Otto Davis Corrado (sax), Giafranco Pardi (sax, tromba), Mino Ceretti (contrabbasso, voce) e Ines Klok (arpa, percussioni, violino). Un gruppo di artisti impegnati non solo in ambito musicale ma anche, per esempio, nelle arti visive, come Pardi e Vismara, o nella fotografia come Mosconi.

L’improvvisazione e la sperimentazione sono alla base dell’unico lavoro in studio, ossia Uno zingaro di Atlante con un fiore a New York. È l’utilizzo estremo degli strumenti (fiati e archi su tutti) l’elemento di punta dell’opera, spesso una sorta di “chiasso infernale” che disorienta l’ascoltatore, ma abbiamo anche momenti “siprituali” come in Chant e atmosfere molto più dilatate come nel brano finale. Alcune sonorità di matrice etnica od orientale richiamano alla mente l’album Aktuala, dell’omonima band, uscito lo stesso anno, ma questi ultimi risultano, al confronto con i N.A.D.M.A., molto più lineari e meno sperimentatori. Di certo la musica dei nostri non può essere etichettata come world music.

È un album molto coraggioso, “non ortodosso”, di un’avanguardia estrema, in cui gli strumenti hanno una libertà di movimento infinita e riescono a raggiungere livelli poco esplorati sino ad allora. Come si può immaginare, però, il disco non ebbe molta fortuna e la band finì il suo cammino di lì a poco.

Il brano d’apertura, Homage To Amilcar Cabral, è l’unico che, strutturalmente e musicalmente, richiama un brano degli Aktuala (Mammoth R.C., contenuta nell’album omonimo), raddoppiandone però la durata. Dopo un paio di minuti, in cui compaiono solo pochi suoni naturali e timide percussioni, il suono comincia a crescere senza sosta, guidato da un tumulto di fiati “torturati” e percussioni, da cui emergono un canto tribale e la voce di Ceretti. È un fiume in piena che ci trascina via senza la minima possibilità di trovare un “appiglio di salvezza”. L’Amilcar Cabral cui è dedicato il brano è stato un politico della Guinea-Bissau, fondatore del Partito Africano per l’Indipendenza della Guinea e di Capo Verde (PAIGC), il quale portò i due stati all’indipendenza dal Portogallo. Fu assassinato nel gennaio del 1973, pochi mesi prima di vedere la sua patria indipendente. Nel lungo frastuono che accompagna la quasi totalità del brano può essere letta la sofferenza, ma anche la forza di volontà, che ha accompagnato la lotta del popolo verso l’indipendenza, con lamenti e urla strazianti restituite dai fiati suonati in modo estremo (ma anche dalla voce e dalle percussioni), e il momento in cui il popolo è sconvolto dall’omicidio del proprio leader.
I suoni sinusoidali irritanti creati dagli archi, che occupano i primi secondi di Chant, fanno da apripista al canto mantrico di Marino Vismara che occupa i restanti sessanta secondi del brano.

Dabya è un brano diviso in più parti. I primi tre minuti sono occupati da due improvvisazioni (forse quasi delle esercitazioni), realizzate dagli strumenti a corda e dagli archi. Ai tre minuti gli archi prendono corpo e, finalmente, si riesce a scorgere una melodia, degna di tale nome, dalle sonorità arabeggianti. Poco dopo il piano di Mosconi prende il sopravvento con l’unica esecuzione dell’album in cui si può notare un minimo di richiamo progressivo, disturbata però da un fitto “ronzio” di archi e fiati che, nel minuto finale, cercherà di sovrastare l’unico suono “normale”.

Sardi e Corrado si divertono un mondo a creare dissonanze con i fiati nell’avvio di Energia. Poi ha inizio un nuovo delirio sonoro dove tutti sono chiamati a raccolta. Soprattutto piano e percussioni sembrano impazziti, mentre fiati e archi camminano imperterriti. Pura violenza acustica. Dai lamenti che ascoltiamo pare quasi che gli strumenti tentino di fuggire dalle mani dei propri “aguzzini”.

Atlantide – Maya – Veda Rhyton. Avvio minimal con atmosfera etnica per il brano di chiusura, con un mix di suoni che richiamano la foresta, ma anche qualcosa di orientale. Col passare dei minuti i suoni si fanno più stridenti, il tutto spudoratamente sperimentale e, molto probabilmente, improvvisato. La tromba, che intorno agli otto minuti riesce ad emergere dalla “palude sonora”, dà un tocco di solennità al brano.

Formazione:
Marco Cristofolini: violino, percussioni
Davide Mosconi: piano
Gustavo Bonora: violino, percussioni
Marino Vismara: violoncello, voce
Otto Davis Corrado: sax
Giafranco Pardi: sax, tromba
Mino Ceretti: contrabbasso, voce
Ines Klok: arpa, percussioni, violino
Guest:
Toni Marcus: viola (nell’album Paura)

Discografia:
1973 – Uno zingaro di Atlante con un fiore a New York (RCA DPSL 10579)
2006 – Paura (Alga Marghen ALGA060CD)

1 comment:

centraldoprog said...

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